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Le Equilibriste – Da scommessa a investimento: maternità in Italia

 

Il nuovo dossier di Save the children  uscito in prossimità della “Festa della mamma”  è una ricerca sulla maternità in Italia, ha per titolo “LE EQUILIBRISTE Da scommessa a investimento: maternità in Italia” e documenta come la donna madre subisca una condizione inequivocabile di svantaggio sociale, professionale ed economico. Diventare mamma in Italia, al di là di tanta zuccherosa retorica, comporta infatti difficili equilibrismi tra un mercato del lavoro che, oltre a penalizzarle in quanto donne, diventa”proibitivo” per le madri su cui pesa  il carico aggiuntivo delle cure familiari e la carenza di servizi (Nido, scuole dell’infanzia, orari, trasporti ecc).

Sulla base di un analogo indice mondiale (Mothers’ Index ) Save the Children stila per l’italia “L’Indice delle Madri” e classifica in base questo le diverse Regioni italiane. L’indice citato incrocia in modo ragionato sette tra i principali e più recenti indicatori disponibili per diverse fasce d’età, quali il tasso di fecondità, l’indice di asimmetria nel lavoro familiare, il tasso di occupazione femminile e quello di mancata partecipazione al mercato del lavoro, l’indice di presa in carico degli asili nido e dei servizi per la prima infanzia e la frequenza della scuola dell’infanzia.

 Questa speciale classifica al pr1mo posto come regione più mother friendly” vede il Trentino Alto Adige, seguito da valle D’Aosta, da  Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Piemonte  e dalle altre regioni del nord, che mostrano in generale condizioni più favorevoli alla maternità, la Calabria chiude invece in ultima posizione,  preceduta di poco da altre regioni del Mezzogiorno ribadendo così una volta di più lo squilibrio territoriale Nord- Sud  che caratterizza il nostro Paese. Questo squilibrio si conferma per ciascuno dei sette indicatori infatti sotto l’aspetto della cura familiare l’Emilia Romagna si colloca al 1° posto mentre all’ultimo troviamo la Calabria; rispetto all’accesso delle donne al mondo del lavoro il Trentino Alto Adige è la regione più virtuosa, la Campania quella meno; per l’offerta di servizi pubblici per l’infanzia la Valle d’Aosta si segnala al primo posto e la Basilicata all’ultimo.

Raffaela Milano, Direttore Programmi Italia-Europa di Save the Children ha dichiarato: “Al di là della mappatura regionale sullo stato delle madri, con questo rapporto abbiamo anche cercato di leggere la realtà del nostro Paese dal punto di vista delle mamme. Ne viene fuori uno spaccato dove le disparità di genere hanno ancora un impatto negativo decisivo sulla vita delle mamme. Donne che si ritrovano a svolgere, anche loro malgrado, un ruolo predominante nell’assicurare il benessere di bambini, adulti e anziani, senza alcuna retribuzione, ma pagando, al contrario, e in prima persona, un prezzo molto elevato nel mancato sviluppo personale e professionale,”

 

 

Famiglia tanta, lavoro poco

Il rapporto di Save the Children  racconta come la pressione del lavoro di cura familiare riguardi in Italia circa 8 milioni di mamme tra i 25 e 64 anni che convivono con figli under 15 o under 25 ma ancora dipendenti economicamente da loro, ma si concentri maggiormente su quelle con almeno un figlio sotto i 5 anni  o tra i 6 e gli 11 anni. L’aumento nel corso degli ultimi vent’anni delle separazioni e dei divorzi, inoltre, ha moltiplicato il carico di cura ma in misura molto diversa tra uomini e donne, in sfavore di queste ultime: quasi una mamma su due  tra i 35 e i 54 anni separata o divorziata vive da sola con i figli contro l’8,4% degli uomini.

Equilibriste loro malgrado

Il rapporto di Save the Children evidenzia bene come l’accesso al mercato del lavoro delle mamme dipende dalla possibilità di trovare un equilibrio soddisfacente tra la loro vita personale e quella lavorativa. Su questa sfida grava fortemente la diversa distribuzione del lavoro familiare tra uomini e donne. Le possibili strategie familiari e informali per raggiungere una migliore conciliazione e condivisone possono contare sul cambiamento culturale in corso per cui il 70,3% dei padri italiani si dice d’accordo sull’equa ripartizione della cura dei figli tra uomini e donne, e una percentuale tra l’80 e il 90% di loro ritiene normale partecipare alle attività più specifiche di cura dei piccoli come dar loro da mangiare, raccontare fiabe, addormentarli o accompagnarli ad attività extracurriculari. Un buon presupposto, anche se, ad oggi, quasi la metà (42,7%) delle mamme che lavorano segnalano difficoltà concrete nel conciliare il loro impiego con le cure familiari e troppo spesso questo si traduce nella soluzione più drastica: l’abbandono del lavoro che coinvolge il 30% delle madri con meno di 65 anni. Abbandono che in più della metà dei casi è dovuta alla nascita di un figlio. Le mamme con un figlio dagli 0 ai 3 anni trovano per lo più l’aiuto dei nonni, nel 51,4% dei casi, quello di un asilo nido, 38,8%, di una colf, baby-sitter o badante (4,2%) o di altri familiari (2,5%), e solo nel 3,3% dei casi quello del compagno o del marito.

Conclude Raffaela Milano: “Per sostenere concretamente le mamme in Italia  è necessario intervenire sia sul piano dei servizi che sul piano del lavoro. E’ fondamentale rafforzare la rete dei servizi per la prima infanzia, in alcune aree del Paese oggi di fatto inesistente e, allo stesso tempo, occorre favorire e incentivare un cambiamento nel mondo del lavoro, sia pubblico che privato, affinché non penalizzi più, ma anzi valorizzi, le donne che sono mamme e che lavorano”.

 

Brescia 5 maggio 2016

Mirella Castagnoli

Commissione Cultura

Fondazione G.Piccini


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